Il 7 febbraio è la Giornata nazionale contro bullismo e cyberbullismo. Che sia di natura fisica o psicologica, il bullismo è sempre violenza, una violenza spietata e intenzionalmente voluta, compiuta su persone fragili e prolungata nel tempo. Un comportamento aggressivo che ha preso piede anche nell’ambiente educativo per eccellenza come la scuola, alimentato negli ultimi anni dalla diffusione e dalla complicità dei social media. Si parla perciò anche di cyberbullismo, un fenomeno che moltiplica gli episodi reali, ne crea altri e si diffonde anche per l’indifferenza di molti, spesso inconsciamente complici. Una recente indagine rivela ...
che oltre il 50 per cento dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ha subito episodi di bullismo e più colpite dal cyberbullismo sono le ragazze.
“Un nodo blu contro il bullismo” è il claim della Giornata nazionale contro il bullismo a scuola, avviata nel 2017 in occasione della Giornata europea della sicurezza in rete (Safer Internet Day), indetta dalla Commissione Europea. Gli studenti sono stati chiamati a realizzare uno spot contro il bullismo e il cyberbullismo e, a livello nazionale, sono stati invitati a indossare o a mostrare un braccialetto con un nodo blu, simbolo della lotta delle scuole italiane contro il bullismo. Un forte messaggio per dire “no” alla sopraffazione e rivolto a tutta la comunità, non solo ai ragazzi. Quest’anno il Safer Internet Day si svolgerà martedì 9 febbraio e ha per tema "Insieme per un Internet migliore", con l’invito a unirsi per rendere la rete un luogo migliore e più sicuro per tutti, soprattutto per i bambini e i giovani.
Con bullismo e cyberbullismo violenze verbali e aggressioni anche fisiche o messaggi, chat, email, immagini e video denigranti diffusi sui siti web e moltiplicati tramite gli smartphone si accaniscono contro soggetti fragili e possono portare anche a gesti estremi. Protagonisti e vittime sono generalmente bambini e adolescenti e molte responsabilità pesano sugli adulti. Nella società civile esistono le leggi e non vale quella del più forte e del più furbo, ma tanti comportamenti possono portare a convinzioni opposte, considerando magari il bullismo uno scherzo, una cosa normale, fatta solo per divertirsi. Responsabilità ricadono anche sulle famiglie, quando abbandonano i figli in solitudini riempite prevalentemente da smartphone, tablet e computer. Il bullismo si alimenta di paura, quella del bullo che teme di essere considerato inferiore nel suo gruppo e quella della vittima che teme ritorsioni se si ribella alla legge del più forte o la paura di chi assiste e non interviene per non esserne coinvolto.
Per porre un argine all’inquietante e diffuso fenomeno, nel 2017 è stata approvata la legge sul cyberbullismo, proposta dalla senatrice Elena Ferrara che era stata l'insegnante di una ragazza morta suicida a Novara dopo un grave episodio mediatico. L’articolo 1 della legge n.71 fornisce per la prima volta una definizione del cyberbullismo: “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti online aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”. La legge indica anche misure di carattere preventivo ed educativo nei confronti dei minori da attuare in ambito scolastico, e non solo.
In arrivo anche una nuova legge sul bullismo, già approvata dalla Camera dei deputati e incentrata sull'educazione, la prevenzione, il recupero del bullo e la tutela delle vittime. Le nuove norme, che attendono l’approvazione del Senato, prevedono diverse misure per le vittime del bullismo e hanno l'obiettivo ambizioso di educare al rispetto e alle emozioni per contrastare e prevenire questa diffusa violenza. Nell’ottica legislativa la scuola è chiamata ad assumere il ruolo di protagonista nel processo di prevenzione e contrasto del fenomeno, evidenziato con l’introduzione della figura del referente per il cyberbullismo in ogni istituto scolastico con il compito di avviare corsi di formazione per gli insegnanti.
La pericolosità del cyberbullismo è evidenziata dallo stesso Ministero dell’istruzione che rileva come, mentre il bullismo coinvolge gli studenti di una classe o di un istituto, il fenomeno in rete coinvolge ragazzi e adulti di tutto il mondo, può trasformare in cyberbullo anche chi è vittima del fenomeno nella vita quotidiana, le aggressioni non hanno limiti di tempo e di spazio e spesso sono anonime o di sedicenti amici che si celano dietro la tecnologia e non avvertono nemmeno le reazioni delle vittime che sono invisibili.
In queste settimane si discute delle ingenti risorse (209 miliardi di euro) assegnate dall’Unione Europea all’Italia per la “Next Generation EU”. Nel progetto ancora in fase di elaborazione una cifra cospicua è destinata alla digitalizzazione e innovazione informatica, ma per ora non si parla di fondi per combattere il cyberbullismo, pur trattandosi di risorse destinate alla “prossima generazione”. (Carlo Pozzoli)
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Franti del libro Cuore, un “bullo” d’altri tempi
Altra epoca, altra società, altri protagonisti, ma resta la violenza. In una pagina del libro Cuore, che ha formato generazioni di ragazzi, Edmondo De Amicis parla di “Franti, cacciato dalla scuola”. Siamo nel 1889.
Uno solo poteva ridere mentre Derossi diceva dei funerali del Re, e Franti rise. Io detesto costui. È malvagio. Quando viene un padre nella scuola a fare una partaccia al figliuolo, egli ne gode; quando uno piange, egli ride. Trema davanti a Garrone, e picchia il muratorino perché è piccolo; tormenta Crossi perché ha il braccio morto; schernisce Precossi, che tutti rispettano; burla perfino Robetti, quello della seconda, che cammina con le stampelle per aver salvato un bambino. Provoca tutti i più deboli di lui, e quando fa a pugni, s’inferocisce e tira a far male. Ci ha qualcosa che mette ribrezzo su quella fronte bassa, in quegli occhi torbidi, che tien quasi nascosti sotto la visiera del suo berrettino di tela cerata. Non teme nulla, ride in faccia al maestro, ruba quando può, nega con una faccia invetriata, è sempre in lite con qualcheduno, si porta a scuola degli spilloni per punzecchiare i vicini, si strappa i bottoni dalla giacchetta, e ne strappa agli altri, e li gioca, e ha cartella, quaderni, libro, tutto sgualcito, stracciato, sporco, la riga dentellata, la penna mangiata, le unghie rose, i vestiti pieni di frittelle e di strappi che si fa nelle risse. Dicono che sua madre è malata dagli affanni ch’egli le dà, e che suo padre lo cacciò di casa tre volte; sua madre viene ogni tanto a chiedere informazioni e se ne va sempre piangendo. Egli odia la scuola, odia i compagni, odia il maestro. Il maestro finge qualche volta di non vedere le sue birbonate, ed egli fa peggio. Provò a pigliarlo con le buone, ed egli se ne fece beffa. Gli disse delle parole terribili, ed egli si coprì il viso con le mani, come se piangesse, e rideva. Fu sospeso dalla scuola per tre giorni, e tornò più tristo e più insolente di prima. Derossi gli disse un giorno: - Ma finiscila, vedi che il maestro ci soffre troppo, - ed egli lo minacciò di piantargli un chiodo nel ventre. Ma questa mattina, finalmente, si fece scacciare come un cane. Mentre il maestro dava a Garrone la brutta copia del Tamburino sardo, il racconto mensile di gennaio, da trascrivere, egli gittò sul pavimento un petardo che scoppiò facendo rintronar la scuola come una fucilata. Tutta la classe ebbe un riscossone. Il maestro balzò in piedi e gridò: - Franti! fuori di scuola! - Egli rispose: - Non son io! - Ma rideva. Il maestro ripeté: - Va’ fuori! - Non mi muovo, - rispose. Allora il maestro perdette i lumi, gli si lanciò addosso, lo afferrò per le braccia, lo strappò dal banco. Egli si dibatteva, digrignava i denti: si fece trascinar fuori di viva forza. Il maestro lo portò quasi di peso dal Direttore, e poi tornò in classe solo e sedette al tavolino, pigliandosi il capo fra le mani, affannato, con un’espressione così stanca e afflitta, che faceva male a vederlo. - Dopo trent’anni che faccio scuola! - esclamò tristamente, crollando il capo. Nessuno fiatava. Le mani gli tremavano dall’ira, e la ruga diritta che ha in mezzo alla fronte, era così profonda, che pareva una ferita. Povero maestro! Tutti ne pativano. Derossi s’alzò e disse: - Signor maestro, non si affligga. Noi le vogliamo bene. - E allora egli si rasserenò un poco e disse: - Riprendiamo la lezione, ragazzi.