Affidato a Mario Draghi l’incarico di formare il nuovo governo, dopo il fallimento del tentativo di creare un Conte-ter. L’ex presidente della Banca Centrale Europea è stato convocato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per dare vita a un governo di alto profilo “che non debba identificarsi con nessuna formula politica”. Di alto profilo sono state certamente le parole sollecite e incisive del Capo dello Stato, che ha spiegato la necessità di «dare, immediatamente, vita a un nuovo Governo, adeguato a fronteggiare le gravi emergenze ...
presenti: sanitaria, sociale, economica, finanziaria». Affermato che le elezioni rappresentano un esercizio di democrazia, il Presidente ha spiegato le ragioni per cui al momento non sono opportune le elezioni anticipate. La pandemia, la campagna vaccinale, i gravi problemi economici e la disoccupazione crescente, la straordinaria opportunità di avere ingenti fondi europei per rilanciare il Paese dovrebbero orientare tutte le forze politiche a sostenere i veri “costruttori”, che oggi sono Sergio Mattarella e Mario Draghi. E da oggi, forse, si farà più chiarezza anche all’interno delle forze politiche, dove pure ci sono molti costruttori ma anche tanti, troppi incompetenti e opportunisti.
Mario Draghi è certamente un fiore all’occhiello dell’Italia che conta a livello internazionale, con una lunga e apprezzata storia fino al governo della Banca Centrale Europea. Anche i suoi avversari gli riconoscono grande professionalità, indiscusse competenze e una visione strategica per il futuro dell’Europa. Del resto già nel 2012 ualsil Financial Times lo aveva scelto come uomo europeo dell’anno per la sua “determinazione a salvare l’euro”. Il quotidiano economico-finanziario britannico ricordava che con Draghi «la BCE è pronta a fare tutto quello che serve per preservare l’euro. Non dobbiamo dimenticarci che la ragione per cui il risanamento è diventato centrale nelle raccomandazioni della Bce è perché non si possono costruire sistemi sui debiti e sui deficit che la crisi finanziaria ha mostrato insostenibili». Il Financial Times stimolava il leader di Francoforte a non cedere sul rigore nei bilanci, perché «mollare ora sul fronte dell'austerity, come qualcuno suggerisce, equivarrebbe a sprecare i grandi sacrifici fatti dai cittadini europei».
Mario Draghi è giunto alla presidenza della BCE dopo una brillante carriera e numerosi riconoscimenti. Nato a Roma nel 1947, il nuovo governatore della Banca Europea ha studiato nelle rigorose scuole dei Gesuiti e si è laureato in economia all’università della capitale La Sapienza, discutendo la tesi Integrazione economica e variazioni dei tassi di cambio con il professor Federico Caffè. Ha poi frequentato il Massachussets Institute of Technology con il premio Nobel Franco Modigliani. Tornato in Italia, ha insegnato nelle università di Trento, Padova, Venezia e Firenze; dal 1984 al 1990 è stato direttore esecutivo della Banca Mondiale; l’anno dopo è stato nominato direttore generale del Ministero del Tesoro e ha conservato l’incarico per dieci anni insieme con la presidenza del Comitato per la privatizzazioni.
Draghi ha fatto parte del consiglio di amministrazione dell’Iri, dell’Eni, dell’Iri, dell’Imi e della Banca Nazionale del Lavoro e dal 2002 al 2005 è stato vicepresidente del Committee Worldwide della Goldman Sachs; ha fatto parte anche del Board of Trustees del Princeton Institute for Advanced Study e della Brooking Institution. Dopo la bufera che investì il governatore della Banca d’Italia Fazio, alla fine del 2005 Draghi è stato chiamato alla guida di Palazzo Koch. Nello stesso anno è diventato presidente del Financial Stability Forum, poi divenuto Financial Stability Board. Come governatore italiano è stato membro del consiglio direttivo della BCE, del Gruppo dei Sette e del Gruppo dei Venti oltre che del consiglio di amministrazione della Banca dei Regolamenti Internazionali. Draghi ha anche pubblicato molti testi su temi finanziari e macroeconomici.
L’economista italiano è giunto a Francoforte come terzo governatore della Banca Centrale Europea dopo l’olandese Willem Frederik Duisenberg e il francese Jean-claude Trichet. Il suo compito finora non è stato affatto facile, visti i venti di crisi che soffiavano sull’economia europea e le difficoltà dell’euro. La sua ricetta è chiara: l’Europa deve puntare sulla crescita per risanare la finanza. Draghi è rimasto a Francoforte fino al 2019 e ha dimostrato di saper guidare l’economia europea anche nelle bufere più inquietanti. Ora è sulla strada di Palazzo Chigi.
Tra molti veri responsabili ma anche tanti opportunisti, fra sinceri e discreti costruttori ma anche tanti arrivisti si è conclusa l’esperienza anomala dei Governi giallo-verde e giallo-rosso, non in grado di guidare un Paese dalle tante potenzialità ma in balia di populisti e arrivisti, democratici a parole ma sprezzanti dei valori autentici della democrazia. Troppi hanno diffuso il virus che ha portato a considerare la classe politica come casta, fatta di arrivisti, parlamentari legati alla “poltrona”, pronti a “mettere le mani in tasca agli italiani”, pronti tutto per “trovare la quadra” di bossiana memoria, la loro “quadra”. Ora la svolta dovrebbe cominciare anche dal cambiamento del linguaggio, per ridare alla politica il senso alto delle istituzioni, per considerare l’aspirazione al Parlamento come vero impegno di servizio per la comunità, per giudicare il fisco e le tasse non una rapina ma contributi di tutti al sostentamento e al miglioramento della benessere sociale. Il sostegno al tentativo di Mario Draghi sarà la cartina di tornasole per capire quali forze politiche e quali parlamentari pensano al loro interesse e quali hanno davvero a cuore il bene del Paese. (Felice d’Adamo)